Poesie
Non saranno i nostri occhi
altro che pulviscoli stellari?
Gravido buio di dubbi
e lente scalate lungo il cielo
abbiamo la notte tra le mani
mani come notti
vuote di tempi pieni di cose
- i danni alla troposfera
disastri nucleari, la fusione
interna delle stelle, code di meteore
universi mai svelati,
ore incappucciate dove
la morte attende,
la comprensione dell’entropia –
ma contano solo
le stelle nei tuoi occhi
Fasci di comete che inseguo
nel cavo di quel silenzio di rami
raccontano la promessa:
ci ritroveremo qui
sullo stipite del patio
un posto libero accanto a te
e la tua mano tesa
che chiede ancora
di abbandonarci all’infinito
nella nostra
irrisoluta finitezza
Non sono stato bravo a scordarti
non so importi esili,
né condanne
A me appartiene soprattutto
il non saperti riconoscere altro
da come ti ho voluto
a niente è valso scardinarmi
dal mio marmo e dalla storia:
abiti persino questa terra non mia.
io non ti ho mai saputo
e non ti ho mai avuto
finora ho solo scavalcato a piedi
uniti la tua realtà
consegnando il petto a un soffitto
imperlato di nubi e idee.
In fondo, va’ a vedere
mi manchi da quando ti conosco
Mi son dato una settimana di ritegno
Prima di sfasciarmi
Come i simulacri
che di noi ho realizzato
dalla sabbia
sublime ironia: mi sono disciolto
solo io
rimani intatto tu
pari un fascio di primavere
rinverdito al rinverdire
dell’invenzione dei nostri giorni
e dei tanti miei talenti,
tanti, ti dico,
meno quello di saper vivere
mostri una maglia di denti
a quest'arguzia
una nuova firma alla nostra
antitesi perpetua,
quando le mie strade curvano
e si fanno sbarre di una gabbia
che non ho mai desiderato
ma tu non sbandi, non sterzi
e sì, io saprò pure
comporre e recitare e cantare
ma sono imitazioni
pallide della vita che non vivo
tu non componi e non inventi
non serve: tu vivi
capirai un giorno forse
quale condanna sia per me
cospargermi di incendi
per sentirmi addosso la pelle
I
Per la prima volta
Il silenzio non mi forza la bocca
È un aquilone che plana
Dove le nostre parole non si incontrano
Chiedi se mi sia di peso
A me pesa il cuore e tutto il tempo
che non passo a scucirti gli occhi
Un rossore si sparge lungo il mare
e simile sulle tue guance
le nubi ne escono trafitte
ne tirerò fuori una poesia
tornando verso casa
lo dico solo per stupirmi
del tuo stupore
hai scritto in silenzio?, domandi
col silenzio, sul silenzio,
le preposizioni sono il mistero della lingua
risposta buffa, lo so
era per distoglierci dal crepitio
che echeggia
dalle nostre stanze comuni
dove le ossa chiedono di uscire
dagli armadi, dai corpi
e i per sempre che non ci siamo
mai dedicati di restarci ancora
meglio così
penso - e lo penso soltanto -
quando sotto le coperte
i miei occhi prensili si sono
avvinghiati ai giardini pensili
che schiudi dalla bocca salata,
c’è ancora tempo per ingannarci
anche con le più dolci delle promesse
Matteo Zandri - Fammi del male
II
Crea il tuo sito web con Webador